Micaela Piva Merli, medico chirurgo specialista in psichiatria, medico psicoterapeuta e dottore di ricerca
Si effettuano colloqui in italiano e francese

L’insonnia e la depressione

Il riposo notturno è fondamentale per il benessere della persona ed è un aspetto fondamentale da gestire e risolvere nel trattamento della depressione e di ogni altra tipologia di patologia di competenza psichiatrica. Infatti il sonno disturbato peggiora il malessere e amplifica i sintomi di ogni disturbo. 

Nella depressione, il sonno è in genere alterato nei suoi aspetti quantitativi (continuità e durata) e deprivato delle sue qualità di recupero e di riposo. L’insonnia depressiva (più spesso di tipo centrale o terminale) preannuncia spesso l’esordio del disturbo dell’umore, ne accompagna il decorso e la sua scomparsa costituisce uno degli indici predittivi di remissione. 

La depressione atipica differisce dalla depressione maggiore per l’eccessiva sonnolenza e la letargia, l’aumento dell’appetito, il “craving” per i carboidrati, e l’incapacità ad iniziare attività divertenti nonostante la capacità poi di divertirsi in attività piacevoli iniziate da altri (reattività dell’umore). 

Nel disturbo bipolare invece, la fase maniacale si associa costantemente ad un’alterazione più o meno profonda del ritmo sonno-veglia in riferimento all’esaltazione ideo-affettiva ed istintuale di cui è espressione già nella fase prodromica, e poi, sempre più, quando si configura in uno stato di esaltazione in cui vi è una grave riduzione quantitativa del sonno per difficoltà di addormentamento, per precoci e frequenti interruzioni e per una ridottissima durata. L’esperienza soggettiva dell’insonnia della fase maniacale è ben diversa da quella dolorosa che tormenta le notti del depresso: il maniacale infatti, non la vive come un disturbo, non sembra risentirne, e anzi spesso, si sente pieno di energie. 

Un’ altro aspetto clinico importante è l’insonnia indotta dall’ansia. Nella persona ansiosa l’insonnia si manifesta più spesso con difficoltà ad iniziare il sonno e/o a mantenerlo, e con lamentele soggettive di sonno ridotto e/o non riposante talvolta senza un riscontro oggettivo all’indagine polisonnografica. Il ricordo di sensazioni d’angoscia durante il sonno, i sogni inquietanti e i risvegli pervasi da ansia sono alla base della convinzione di aver riposato male o di aver trascorso molto tempo svegli. L’ansia, inoltre, favorisce numerosi eventi (bruxismo, aumento della frequenza cardiaca, terrori notturni ed incubi ? i primi senza e i secondi con ricordo del sogno angosciante ?, somniloquio), che testimoniano che il sonno, anche se sostanzialmente immodificato nella sua struttura, non isola fisiologicamente o psicologicamente il paziente dall’ansia. Le suddette modificazioni e la privazione di sonno eventualmente determinate dall’ansia si riflettono poi sull’esperienza soggettiva della veglia, potendo condizionare ipersensibilità al dolore, difficoltà nei processi attentivi e mnemonici, modificazioni vegetative (tachicardia, fame d’aria, ecc.) che rinforzano, a loro volta, lo stato di ansia.

La terapia del sonno disturbato prevede il recupero di un riposo equilibrato e ristoratore ed è assolutamente correlato con la cura del disturbo di base.